Il mio intervento
Il mio intervento in versione testuale
Signora Presidente, ministro Giorgetti, Sottosegretaria, colleghe e colleghi, credo che quando il disegno di legge di bilancio arriva nel ramo del Parlamento che noi rappresentiamo, il Senato della Repubblica, il 23 dicembre, a tutti noi sia chiaro che esso era e resta su un binario morto, che a questo ramo del Parlamento vengono tolte le prerogative di poterlo modificare, nonostante noi lo riteniamo profondamente sbagliato e distante dai problemi reali del Paese. Questa mattina se ne è accorto anche il collega Liris, rinunciando a un mandato che la Commissione bilancio e la sua stessa maggioranza non gli avrebbe mai potuto conferire, perché, non potendo prendere in esame gli emendamenti, il mandato al relatore non era compatibile con i tempi e le modalità di come state affrontando e trattando questo testo.
Tuttavia, anch’io penso che il dibattito non debba essere inutile. Anzi, mi rivolgo, signor Presidente, per suo tramite al ministro Giorgetti, augurandomi che nelle repliche del Ministro venga ripreso il senso di queste considerazioni.
La prima questione che voglio porre all’attenzione del Parlamento, e del Ministro in particolare, è proprio questa: che questo dibattito sia utile innanzitutto al Ministro per riportare il Governo sulla terra, con i piedi per terra, facendolo uscire da una dimensione lunare che fin qui la propaganda e la retorica della responsabilità al passato hanno saputo rappresentare nel Paese.
Dico con chiarezza che sarebbe sufficiente dedicare l’attenzione che state dedicando nell’accompagnare nello spazio i satelliti di Elon Musk alle famiglie e alle imprese italiane: famiglie e imprese italiane che sono lasciate sempre più nella solitudine e nell’indifferenza di un Governo che, di fatto, nello strumento più importante di programmazione economica, che la legge di bilancio rappresenta, non è in grado di garantire fiducia, speranza e futuro a questo Paese.
E un Paese che non può contare sulla sua fiducia è un Paese che purtroppo vive ansie e preoccupazioni che frenano la crescita, frenano gli investimenti. Signor Ministro, servono pochi numeri per riportarvi sulla terra. Avevate previsto una crescita dell’1 per cento. L’OCSE ci dice che, probabilmente, cresceremo dello 0,5 nel 2024. Avete indicato, in tutte le retoriche della vostra programmazione economica, che stiamo meglio di altri in Europa. In realtà, diventeremo il secondo Paese europeo con la crescita più bassa, in un ritorno allo zero virgola, quando altri Paesi europei avranno tassi di crescita più alti dell’Italia.
Se poi prendiamo, a fianco di questo numero, anche la produzione industriale, questo diventa ancora più evidente. Con quattro punti di produzione industriale su base annua in meno in percentuale, non mi si venga a dire che le politiche industriali le consegniamo alle imprese. Un Governo serio sa benissimo, perché i numeri lo confermano, che, per ridistribuire le risorse, la ricchezza bisogna produrla.
Di fronte ad un Paese che oggi ha, nella contrazione dei consumi interni, un problema già oggi rilevante, di fronte ad un Paese che contrae la spesa pubblica, io non lo considero, in assenza delle riforme che servono ed in presenza delle vostre riforme sbagliate, un problema di poco conto.
Attenzione, infatti, perché sulla spesa pubblica, sull’aggressione al pilastro pubblico, ci giochiamo una delle identità più forti di questo Paese, che è il diritto all’istruzione e il diritto alla salute, che sono elementi fondamentali di cittadinanza.
In assenza di un quadro di cooperazione istituzionale tra Comuni, Regioni e Stato, voi state spingendo questo Paese sulle riforme che non servono e che sono dannose, quando invece servirebbero altre riforme che ricostituiscano una connessione tra tutti i livelli di Governo, perché lì sì che si potrebbe recuperare efficienza. Un Paese che ha tre livelli di governo che lavorano sulla stessa funzione, non è un Paese che può tagliare la spesa pubblica, perché tagliare la spesa pubblica significa, in questo momento, tagliare i diritti di cittadinanza, indispensabili anche per la crescita economica.
Più volte, di fronte alla critica che manca un progetto per lo sviluppo economico, ci sentiamo dire che ci pensano le imprese. Io lo declino in italiano: da parte vostra vuol dire che ci pensa il mercato. Io continuo a pensare che, di fronte anche al trionfo sul quale volete portare i dati dell’occupazione, qui si consuma la prima grande differenza tra noi e voi, di cui vi invito a tener conto.
Non basta, infatti, citare il numero delle ore lavorate, il numero degli occupati, se, all’interno di questi numeri, non siete nelle condizioni di distinguere il lavoro precario, il lavoro povero, il lavoro insicuro.
È una questione di dignità, prima di tutto di questo Paese che, all’articolo 1 della Costituzione, stabilisce che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Non è degno di un Paese repubblicano, non è degno della nostra Costituzione, far finta nell’indifferenza che sia lavoro anche quello mortale. Non avete fatto nulla per provare a mettere a terra misure per salvaguardare la sicurezza nel lavoro, anzi, avete consegnato ad un emendamento, che con orgoglio noi rivendichiamo, del Partito Democratico, l’introduzione delle risorse necessarie, anche attraverso fondi destinati al Parlamento, per assumere figure tecniche per poter garantire i controlli nelle imprese, cioè gli ispettori.
Ora, con grande franchezza, per noi un lavoro è sottopagato se si guadagna meno di 9 euro all’ora. Sotto tale soglia il lavoro non è dignitoso, è sfruttamento. Se dentro questi numeri si innestano tassi di precarietà e di lavoro sottopagato insicuro, io credo che risulti evidente che serve un’idea dello sviluppo economico di questo Paese, perché la buona e piena occupazione, è direttamente proporzionale alla qualità dello sviluppo economico. Lei sa bene, Ministro, che dove la qualità dello sviluppo economico è più alta, dove si incontra la ricerca e l’investimento nell’università con l’impresa, il lavoro è più qualificato ed è anche più sicuro e meglio retribuito. Nelle tre transizioni digitali e ambientali non possono non esserci politiche economiche tali da sostenere gli investimenti privati, e dunque tali da connettere anche una buona e piena occupazione. Io legherei, infatti, gli investimenti dello Stato alla qualità del lavoro e dell’occupazione e mai come in questo momento, dopo un anno con una pesante inflazione non riconosciuta, sarebbero necessarie politiche sui salari adeguate, in un raccordo tra il lavoro e il capitale, tra il lavoro e l’impresa. Come si fa a determinare tutto questo, se non avete uno straccio di idea sullo sviluppo economico di questo Paese e vi fermate alla propaganda, al qualunquismo, al negare l’evidenza e soprattutto ad interventi che sono spesso di natura corporativa?
Io capisco che la destra viva di corporativismo, io capisco che siate tornati, dopo averlo negato, ai bonus corporativi e d’altronde, se durante una manovra di bilancio si compie un errore culturale devastante, a cominciare dalla depenalizzazione delle sanzioni per coloro che non si sono vaccinati, non c’è più un limite al peggio.
Non si tratta di un affronto o di un conflitto con questa opposizione. Questo è un qualcosa che nega la dignità delle migliaia di medici ed infermieri che durante la pandemia hanno lavorato mettendo a rischio la propria vita per salvare le persone.
Quando si cede sui princìpi e sui valori a questa visione corporativa del consenso, io credo che per forza venga meno la fiducia nel credere ad un futuro migliore. Guardate anche i tassi di natalità: l’inverno demografico, che voi denunciate e al quale cercate di dare risposte, diciamo così, con i bonus e non con i servizi, nell’immediato e non in prospettiva. Tali interventi non determinano una nuova fiducia e senza fiducia i tassi di natalità non crescono. Senza la fiducia, i nostri giovani continueranno a recarsi in altri Paesi europei a cercare salari più adeguati e condizioni migliori per costruire una dimensione familiare.
In conclusione, signora Presidente, io penso che questa destra abbia mostrato il proprio volto, un volto corporativo, un volto che ha bisogno, per la gestione del consenso, della paura. Lo voglio dire con grande chiarezza: tutti i vostri provvedimenti muscolari – più sicurezza per tutti, più carcere per tutti – non sono casuali, ma rispecchiano l’esigenza della destra di gestire un consenso immediato, che non durerà, finalizzato ad aumentare la paura, perché la vostra credibilità nel Paese risiede nel rapporto con il consenso, in proporzione al tasso di paura che comunicate.
Nessun provvedimento risolverà le condizioni di sicurezza, perché in un Paese sicuro la destra perde.
Quindi, mentre fate una legge di bilancio e parlate di sicurezza, tagliate le risorse per la sicurezza, per contrastare la criminalità e contrastare il degrado urbano. Negate gli investimenti della rigenerazione urbana per i Comuni, tagliate i Comuni. Questa è la dimostrazione che a voi non serve affrontare e risolvere il tema della sicurezza.
Ora ho finito realmente, Presidente. Il punto fondamentale per noi è molto semplice: tornate con i piedi per terra, cambiate l’agenda delle riforme, portate in Parlamento, al posto dell’autonomia differenziata, la riforma del Titolo V. Portate in Parlamento la riforma del sistema sanitario, portate in Parlamento un investimento importante sull’istruzione e sul futuro del Paese. Allora troverete un’opposizione disponibile ad un confronto vero e di merito. Fino a quando la vostra gestione del consenso ha bisogno della paura nel Paese, noi orgogliosamente vi diciamo che siamo altrove, perché i nostri valori e le nostre radici non sono compatibili con la vostra demagogia e il vostro qualunquismo.