Il mio intervento
Il mio intervento in versione testuale
Presidente Meloni, ci uniscono le espressioni di vicinanza e gli auguri di pronta guarigione che ha voluto rivolgere a Papa Francesco; la solidarietà che ha voluto esprimere nei confronti del Presidente della Repubblica a seguito dell’inaccettabile aggressione proveniente dalla Russia e il sostegno nei confronti dell’Ucraina e del popolo ucraino, perché lì ci sono i valori fondamentali della difesa dell’Europa, della nostra democrazia e della nostra libertà.
Sul resto, Presidente, possiamo dire che lei ha legittimamente anteposto l’equilibrio per unire la sua maggioranza alle esigenze delle famiglie, delle imprese e dei giovani di questo Paese. Una carezza a Trump, una critica all’Europa: questo è il suo spartiacque, il filo del suo ragionamento che – come abbiamo visto dagli interventi dei colleghi Claudio Borghi e Centinaio – è un’esigenza per tenere insieme una maggioranza politica e non per affrontare le conseguenze che sarebbe necessario valutare rispetto al nuovo quadro geopolitico e anche macroeconomico che la crisi della globalizzazione, il rischio della fine del multilateralismo e l’avvicinarsi di sistemi sempre più orientati all’imperialismo, più che alle democrazie, hanno prodotto. Nel suo intervento a quest’Assemblea avrebbe potuto produrre significative riflessioni, che sono invece completamente mancate, perché lei ha anteposto alle esigenze del Paese l’equilibrio della sua maggioranza.
Voglio fare qualche esempio. Per noi la risposta è la costruzione di una nuova Europa, non il fermarsi a una critica sulle nuove burocrazie in atto in Europa. Infatti, non si può proseguire senza una nuova Europa politica, una politica estera comune e la cessione di sovranità, che io capisco per i sovranisti essere complessa e delicata e, quindi, si preferisce non parlarne e accarezzare Trump. Ci si dimentica che oggi la cessione di sovranità all’Europa è un’esigenza fondamentale per difendere il nostro Paese e gli interessi delle famiglie e delle imprese italiane.
Senza una nuova Europa politica che si ritrovi sulle radici fondamentali, il nostro futuro sarà gravemente segnato non dal facile trionfalismo con cui lei ha definito i risultati dell’economia, ma dal rischio di spingere l’Italia in recessione, che è la vera questione di cui dovreste occuparvi con maggiore determinazione, cambiando anche l’agenda delle riforme che, per ora, sono utilizzate come arma di distrazione di massa, e non come misure per lo sviluppo economico e la coesione sociale in questo Paese.
In particolare, Presidente, ci dividono tanti valori che – a mio avviso – sono alla base della nuova Europa che andrebbe costruita. Glielo dico con affetto: non se la prenda con le bandiere che invocano la pace, perché l’Europa può nascere solo dentro l’elemento fondamentale delle radici che sono state alla base della costruzione della nuova Europa. Siamo dentro una crisi del multilateralismo. Per l’amministrazione americana, l’Organizzazione mondiale della sanità, l’ONU e gli investimenti fin qui sostenuti nella salute continuano a essere delle spese, non il più importante investimento. Se non recuperiamo questi valori fondamentali della nuova Europa, portiamo l’Europa alla marginalità e dentro una sconfitta di questa transizione del multilateralismo, che ovviamente l’amministrazione americana tenta di individuare.
Come lei sa, l’OCSE ha rivisto le previsioni di crescita al ribasso.
Io andrei piano con il trionfalismo economico che propone in quest’Aula, con gli ottimi risultati conseguiti da questo Governo e la costante critica al passato, senza tener conto che il passato che abbiamo attraversato, anche nelle legislature precedenti, a cinque anni dalla pandemia, è anche quell’immagine drammatica alla quale abbiamo assistito delle bare che uscivano da Bergamo. Noi abbiamo attraversato questa fase.
Ora non serve dedicare tempo all’opposizione ed al passato. Ad un Governo è chiesta la visione per un futuro delle giovani generazioni. Questa è quella che è mancata nella sua relazione. È saltato il buon senso e la propaganda prende il sopravvento.
Le previsioni macroeconomiche che lei ha fatto, presidente Meloni, rischiano di far arrivare alla decrescita felice. La previsione dello 0,7 per cento sul PIL del 2025 propone le stime della crescita al ribasso. A questo andiamo ad aggiungere che il suo Governo, non altri, hanno sottratto alle imprese oltre 15 miliardi di euro. Come il ministro Giorgetti ha più volte sottolineato in quest’Aula, le politiche industriali sono una competenza delle imprese, sono la fondamentale esigenza di un Governo per garantire una prospettiva allo sviluppo economico e sociale di questo Paese.
Noi abbiamo sottratto, dopo ventiquattro mesi di produzione industriale in calo, 15 miliardi di euro alle imprese, perché abbiamo cancellato l’ACE, che era un investimento fondamentale per sostenere la capitalizzazione delle piccole e medie imprese. Voi parlate delle piccole e medie imprese come la più importante risorsa del Paese, ma, in realtà, avete sottratto risorse per la loro capitalizzazione.
Il fondo automotive e la decontribuzione del Sud sono 15 miliardi in meno alle imprese. Ne avete restituite meno della metà sulla Zona economica speciale (ZES) unica, sulla superdeduzione, basata ovviamente anche sullo sconto IRES. Noi non abbiamo i dati e quelli in nostro possesso, purtroppo, in molti casi ci mostrano il non funzionamento di queste misure. Lo chiediamo con grande franchezza: cosa può succedere in più?
Nell’analisi che avete fatto su una prima stima dei dazi, lei ha parlato dei dazi come fattore sul quale, sostanzialmente, non è detto che la risposta dell’Europa sia “altri dazi”. Sappiamo perfettamente, però, che, rispetto alle scelte dell’amministrazione americana, secondo una prima stima circa i potenziali effetti di riduzione delle esportazioni italiane destinate al mercato statunitense derivanti dall’introduzione dei dazi al 10 per cento, si determinerebbe una riduzione dell’export italiano verso gli USA del 4,3 per cento, con una contrazione in valore di 2,9 miliardi di export. Tale cifra salirebbe a 5,8 miliardi di euro (-8,6 per cento). E non voglio affrontare qui anche il caso generalizzato del dazio al 20 per cento.
Abbiamo sentito sostanzialmente il nulla. Ma ci rendiamo conto, presidente Meloni, che noi rischiamo di mettere in difficoltà la parte qualificata della nostra economia, che rischiamo di spingere l’Italia in recessione proprio attraverso le difficoltà che colpiranno il settore manifatturiero, l’eccellenza delle 9.000 imprese italiane che sono il cuore delle dinamiche economiche dell’Italia e dell’Europa?
Inevitabilmente l’export richiede, soprattutto se vogliamo spostarci di più verso i consumi interni e verso un’economia interna, le riforme che non avete in agenda. Come possiamo pensare di aumentare i consumi interni, lasciando i salari a 700-800 euro al mese? Come possiamo pensare di garantire un futuro alle giovani generazioni senza diritti e con la precarietà?
Presidente Meloni, mi auguro che questi temi consentano a lei di prendere atto della fase difficile, che la questione macroeconomica riporti e che sia in grado di cambiare l’agenda delle riforme: via l’autonomia differenziata, via il premierato. Portiamo in Parlamento le riforme che servono per le imprese e le famiglie italiane.
Meglio lavorare su una riforma utile per il lavoro, per aumentare i salari, per garantire il diritto alla salute, per garantire la formazione. La centralità della persona richiede un nuovo umanesimo, di cui l’Europa avrebbe enormemente bisogno e che dovrebbe vedere uno dei Paesi fondamentali come l’Italia, uno dei Paesi promotori dell’Unione europea, come perno fondamentale di questa nuova sfida. Noi non abbiamo visto nulla di tutto questo nella sua riflessione.