Le trasformazioni che abbiamo di fronte richiedono politiche nuove e investimenti nuovi perché, se pensiamo di affrontare il tema della denatalità semplicemente annunciando, senza risorse, una riduzione delle tasse per chi fa figli, noi stiamo prendendo in giro gli italiani e lo diciamo con tutto l’orgoglio di una forza politica che ha contribuito nella scorsa legislatura all’assegno unico universale.
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Vi lascio anche il mio intervento in versione testuale
Signor Presidente, signora Sottosegretaria, colleghi, intanto tengo a precisare, come ha ricordato anche il presidente Monti, che siamo di fronte a un passaggio cruciale nella ridefinizione del Patto di stabilità in sede europea, con un dibattito che riguarda gli Stati e l’Europa.
Francamente, questa mattina ci saremmo aspettati la presenza del Ministro, perché discutere del più importante documento di politica economica e finanziaria in capo al Parlamento – ovviamente mi riferisco al Documento di economia e finanza – senza la presenza del Ministro preclude a quest’Assemblea la possibilità di avere la sua replica in un dibattito che ritengo cruciale e indispensabile per lo sviluppo economico e sociale di questo Paese.
C’è una maggioranza politica legittimata dal voto dei cittadini, alla quale è chiesto di governare i cambiamenti e di dare una visione e un indirizzo di politica economica e sociale importante in capo ai Governi, alla maggioranza e al Parlamento. Non è consentito, a mio avviso, continuare una campagna elettorale permanente: negli interventi dei colleghi della maggioranza, riscontro una propensione a configurare una campagna elettorale permanente e a richiamare le responsabilità del passato, quando di fronte a noi ci sono sfide e trasformazioni inedite alle quali questa maggioranza, a mio e a nostro avviso, dà e ha dato fin qui soluzioni inadeguate, precarie e ingiuste.
Voglio spiegare perché non ci fidiamo dell’abito configurato su misura più per rassicurare i mercati che per affrontare i problemi reali delle famiglie e delle imprese italiane. Non ci fidiamo perché i primi provvedimenti di questo Governo sono stati tutti orientati e finalizzati a un dibattito che va in senso opposto al bisogno e alle esigenze del Paese. Il Partito Democratico lo incontrerete lì, se la vostra narrazione propagandistica elettorale si trasformerà in un confronto reale sulle dinamiche vere dell’economia e della società italiana.
Voglio fare un esempio per tutti. Di fronte a una scelta che noi abbiamo sempre proposto e condiviso, poiché la priorità numero uno in questo Paese è ridurre la pressione fiscale sul lavoro per aumentare i salari, aggiungiamo che servirebbe una battaglia di tutti per contrastare la precarietà. Nella precarietà, infatti, non c’è competitività economica possibile. Occorre trasformare questa battaglia come un fattore di crescita, come un elemento decisivo per mantenere qui i nostri giovani e dare una prospettiva a questo Paese. Invece, la confiniamo nella marginalità come avete fatto voi, perché, pur di fronte alla destinazione di 3,5 miliardi per ridurre il costo del lavoro, non avete messo il Parlamento nelle condizioni di capire come queste misure nel 2024 diverranno strutturali o meno.
Stiamo discutendo di un DEF che non ha alcun prospettiva nei saldi di finanza pubblica. Partiamo con 12 miliardi in meno solo per evitare che, grazie alle vostre scelte irresponsabili, si aumenti la pressione fiscale sul lavoro. È questa la ragione per la quale non possiamo aprire alcun credito di fiducia nei confronti di questa maggioranza, salvo che non cambi rapidamente strada sui fattori portanti che fin qui l’hanno mantenuta nella propaganda e nel qualunquismo.
Quando sento il collega Borghi intervenire – lo dico con grande senso di rispetto, perché tendo sempre ad ascoltare per vedere se un confronto è possibile – trovo che tutta la sua narrazione sia orientata ad individuare un colpevole, che una volta può essere il Governo precedente, dimenticando che allora peraltro abbiamo avuto responsabilità comuni di Governo , e una volta – cosa ancor più grave – un’altra Europa. Pensare che sia sufficiente individuare nell’Europa un responsabile per la mancata attuazione delle politiche nazionali è un’altra follia, perché tutti sappiamo che oggi abbiamo bisogno di più Europa per affrontare le trasformazioni economiche e sociali. Ci sono alleanze che questa maggioranza dovrà ridefinire per il nostro Paese in Europa, se vuol essere coerente con la parola responsabilità.
È del tutto evidente che è necessario scegliere se stare con Orban o con l’Europa che vuole crescere e aumentare i diritti. Dobbiamo scegliere se stiamo nell’Europa che vuole contrastare la precarietà e garantire salari maggiori ai nostri giovani, affinché tornino a credere in questo Paese.
Guardate che le trasformazioni che abbiamo di fronte sono strutturali. La trasformazione sociale delle dinamiche economiche richiede politiche e investimenti nuovi. Ho sentito anche il ministro Giorgetti durante la sua audizione individuare un terreno vero di confronto: se porterete avanti questo confronto, troverete il Partito Democratico pronto a offrire un contributo, perché per questa forza politica, anche dall’opposizione, vengono prima l’interesse del Paese e la sua lettura reale.
Lo dico perché, se pensiamo di affrontare il grande tema della denatalità semplicemente annunciando, senza risorse (perché questo è il punto a cui siamo oggi), una riduzione delle tasse per chi fa figli, stiamo prendendo in giro gli italiani. Stiamo rinviando il problema cercando un colpevole e lo diciamo con tutto l’orgoglio di una forza politica che ha contribuito – perché lì ci sono i nostri valori – all’investimento più importante della legislatura precedente, cioè l’assegno unico. Lo diciamo convintamente: guardate che oggi per affrontare il tema della denatalità dobbiamo agire su più fronti e con più ingredienti.
C’è innanzitutto la grande questione dell’immigrazione: fino a quando continuerete a considerare l’immigrato un ospite indesiderato, senza diritti, senza affrontare il terreno della cittadinanza, ancora con la stessa impostazione della Bossi-Fini, porterete solo illegalità in questo Paese e non riusciremo a garantire le risorse necessarie per lo sviluppo economico, perché le forze lavoro mancano già tra due-tre anni. Le previsioni dell’Istat ci dicono che il sistema manifatturiero italiano rischia di non avere più le forze lavoro sufficienti per accompagnare la crescita (e parliamo della seconda manifattura europea e tra le prime al mondo in termini di PIL e di occupazione). Bene, a tutto questo voi date una risposta muscolare, negando l’esistenza del problema. Senza un piano straordinario di gestione legale dell’immigrazione, saremo solo costretti a gestire l’illegalità e la criminalità organizzata.
Lo dico con grande franchezza, perché qui notiamo anche l’assenza di nuovi servizi per le famiglie e per le donne, che è uno dei punti strutturali. Qui non stiamo dando pagelle al Governo Meloni. Sappiamo perfettamente che sono terreni e nodi strutturali irrisolti da decenni in questo Paese. Quali sono questi nodi strutturali? Abbiamo un basso tasso di occupazione femminile e un alto tasso di disoccupazione giovanile; abbiamo un problema enorme di orientamento e di formazione delle risorse umane, perché la transizione in atto nell’economia e nella società richiede un piano straordinario di formazione permanente; richiede quelle politiche attive delle quali non c’è traccia. Spesso diciamo che sono prerogative e competenze delle Regioni, ma non c’è un’idea del come formare adeguatamente le risorse umane. Senza formazione noi non abbracciamo il futuro. Costruiremo nuova precarietà e nuova solitudine.
Aggiungo ancora: di fronte a saldi di finanza pubblica così regressivi, così difficili, come si può ancora vendere l’illusione del “meno tasse per tutti”, che spesso è affiancata dal “più evasione per tutti”? Continuo a pensare che dobbiate cambiare strada e aprire un ragionamento serio su una riforma fiscale che è esattamente l’inverso di quello che comunicate ai vostri elettori. A me sorgono dubbi che invece abbiate bisogno di continuare ad alimentare il consenso, accarezzando il pelo all’evasione fiscale, senza garantire invece quel diritto fondamentale, quel patto fiscale che lega i nostri cittadini al nostro Paese in base alla quantità di servizi che riusciamo ad erogare.
Chi mi ha preceduto ha affrontato molto bene il tema della sanità.
Voglio solo fare una considerazione: già oggi abbiamo un problema, ovvero che quel diritto universale alla salute non è più esigibile com’è scritto nella Costituzione. Dobbiamo fare in fretta a prendere atto che senza una riforma strutturale i cittadini sono costretti a pagarsi le prestazioni sanitarie, perché dopo il Covid – e soprattutto dopo una pandemia questo è ancora più urgente – abbiamo liste d’attesa che obbligano i cittadini, per avere un servizio anche nelle nostre Regioni, a pagarsi una prestazione sanitaria che invece la Costituzione renderebbe universale.
Tutto questo richiede un investimento e invece vediamo ritardi sugli investimenti, perché non sapete dove andare con il Piano nazionale di ripresa e resilienza e cercate di far capire che la rigidità dello strumento può metterlo in discussione. Stiamo parlando di mettere in discussione le case della salute, l’unica riforma urgente per tornare a portare nella dimensione territoriale, con i medici di base insieme ai servizi sociali degli enti locali, la protezione indispensabile per evitare che si generi inappropriatezza nei pronto soccorso e nei nostri sistemi ospedalieri. Insomma, state mettendo in discussione gli aspetti fondamentali delle trasformazioni in atto sia nei confronti del Piano nazionale di ripresa e resilienza, sia nei confronti di politiche fiscali ed economiche che riteniamo inadeguate.
È per questo che non possiamo aprire una linea di credito fino a quando non aprirete un confronto vero sulle riforme, che non sono quell’autonomia differenziata che ci volete far discutere senza oneri per la finanza pubblica, espropriando il Parlamento delle prerogative fondamentali per la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni dei servizi per i cittadini. Così non si riducono le aree interne, così si separa l’Italia e si riduce lo spazio per una crescita economica inclusiva, solidale e coerente per garantire un futuro ai nostri giovani.